L’oleolito può essere considerato sia come cosmetico, ma anche come elemento fitoterapico non sostitutivo della medicina tradizionale.
L’oleolito detto anche olio medicinale (o medicato) è un prodotto fitoterapico oleoso nato in seguito ad un processo di lavorazione che lo arricchisce di diverse proprietà. Sin dall’antichità l’uso di sostanze aromatiche o di unguenti benefici era maggiormente attribuito al popolo egizio. L’olio con le più ricche proprietà dermoprotettive è l’olio di oliva ed è quello più utilizzato come solvente per gli oleoliti. Nel tempo, grazie agli studi della medicina moderna, sono stati presi in considerazione anche gli oli vegetali dei semi oleosi. Prepararsi da soli un oleolito è possibile, l’importante è osservare norme di igiene appropriate e avere una conoscenza approfondita delle erbe da utilizzare. Non tutte le piante si possono usare nella forma essiccata, la melissa, l’iperico e l’arnica sono un esempio di vegetali, per natura, insofferenti ai processi di essicazione.
In sintesi, l’unguento medicale (o oleolito) è il risultato della macerazione di un erba, con proprietà terapeutiche, in olio vegetale.
Secondo gli studi di Galeno, per ottenere maggiori proprietà dalle piante, l’estrazione deve avvenire con pianta fresca raccolta nel suo periodo balsamico, cioè nel momento di maggiore concentrazione delle proprietà terapeutiche. Un preparato galenico si intende per farmaco allestito in farmacia secondo l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) rilasciato dal ministero della sanità, creato previa ricetta medica oppure preparato autonomamente seguendo la farmacopea dell’unione europea, adibita al paese di destinazione.
I vegetali utili per un oleolito sono quelli composti maggiormente da componenti liposolubili e quindi estraibili con olio vegetale. I componenti non liposolubili possono essere estratti con alcool etilico e in questo caso il preparato diventa un idroalcolico.
Le procedure per ottenere un oleolito sono diverse, anche a seconda del tipo di pianta da cui si desidera attingere le proprietà. Tuttavia le estrazioni si distinguono in digestione, in decozione, in infusione e in soluzione.
METODI A CALDO
ESTRAZIONE PER DIGESTIONE
L’estrazione per digestione solare è forse il metodo più antico in quanto prevede l’uso dell’energia del sole. Questo è anche classificato come metodo a caldo insieme all’estrazione in decozione. Si utilizza maggiormente con piante fresche facendole prima disidratare per qualche ora al sole, il tempo necessario per l’evaporazione acquea. Una volta privata dell’acqua parziale, si immerge l’erba in un recipiente di vetro scuro (in alternativa rivestito di stagnola) ricoperto di olio vegetale, fino all’orlo con coperchio ermetico. La macerazione deve avvenire per mezzo del calore solare, ma non a luce diretta. La sera si ripone il recipiente al riparo dall’umidità notturna ed dall’eccessivo sbalzo termico. Trascorsi all’incirca 15/20 giorni è possibile procedere con la filtrazione multipla: con una garza filtrare l’olio aromatizzato in un altro recipiente di vetro oscurato e lasciare decantare per qualche giorno. In superficie potrebbe esserci uno strato di acqua da eliminare per mezzo di una siringa e sul fondo potrebbe esserci un residuo di pianta che si elimina con la ripetizione del filtraggio.
ESTRAZIONE PER DECOZIONE
Lo scopo dell’estrazione per decozione è il medesimo della digestione solare: separare l’acqua dalla pianta e attivare il processo di fermentazione per mezzo del calore. Questo metodo è indicato per le piante fresche, meglio per radici e resine. Si procede con dell’erba fresca e si lascia macerare in olio caldo a bagnomaria, per il tempo utile (circa 3/4 ore) a prosciugare le proprietà terapeutiche ed a eliminare completamente l’acqua. La chiusura non deve essere ermetica perché deve permettere l’evaporazione dell’acqua in eccesso dalla pianta, è possibile ricoprirlo con un panno a trama larga, infine procedere al passaggio di filtrazione come descritto per l’estrazione a digestione solare.
In generale con il metodo a caldo si deve prestare molta attenzione all’olio che si sceglie di usare, l’alta temperatura può compromettere la qualità dello stesso. Inoltre, anche se questo tipo di estrazione risulta veloce, è rischiosa perché se eseguita in modo errata, l’acqua che resta nel vegetale può compromettere il risultato finale. E’ possibile utilizzare questi metodi anche con erba secca, ma a mio avviso diventa un tentativo superfluo. Se si desidera optare per l’uso di piante secche è possibile chiudere ermeticamente il barattolo in modo da non far fuoriuscire le proprietà terapeutiche e la filtrazione può essere eseguita una sola volta.
METODI A FREDDO
ESTRAZIONE PER INFUSIONE
L’estrazione in infusione è un metodo molto semplice anche se lungo, esso non ha un elevato rischio di alterazione batteriologica per presenza di acqua e l’olio è poco incline all’ossidazione. Generalmente si consiglia l’uso di piante disidratate in modo da avere il vegetale totalmente privo di acqua, diversamente è possibile far asciugare l’erba per qualche giorno al sole o in luogo caldo e asciutto, non direttamente sulla fonte di calore. Alcuni tipi di piante non possono essere essiccate perciò è sempre consigliabile informarsi prima di procedere. Si utilizza un infuso di erba secca in olio vegetale con basso tasso di irrancidimento e si lascia macerare per circa 30/40 giorni in un barattolo di vetro riposto in luogo fresco, asciutto, lontano da luce diretta e calore. Trascorso il periodo di macerazione, alternato da capovolgimenti occasionali, si procede con la filtrazione attraverso un tessuto di rete fitta che lascia passare solo l’olio e nessun residuo della pianta. Si conserva in una bottiglia di vetro oscurata, disinfettata ed etichettata con la data di produzione.
ESTRAZIONE IN SOLUZIONE
L’estrazione in soluzione è un preparato con estratti fluidi liposolubili quali essenze aromatiche. Il suo utilizzo è principalmente rivolto all’aroma cosmesi cioè per conferire alle preparazioni cosmetiche non solo proprietà terapeutiche, ma anche aromatiche, un esempio può essere l’oleolito di vaniglia. Generalmente si usano oli essenziali uniti a basi di oli vegetali dei semi per ottenere oleoliti ricchi di proprietà curative per uso topico.
REGOLE GENERALI
Le quantità per ottenere un ottimo oleolito sono da attribuirsi all’esperienza, generalmente è consigliabile che sia maggiore il rapporto di olio in erba tenendo conto che in quella fresca c’è presenza di acqua che raddoppia il volume della pianta. Se si usa la pianta essiccata, le dosi sono in proporzione di una parte di erba e due parti di olio, se la pianta è fresca, le proporzioni sono di tre parti di erba e due di olio.
L’oleolito si conserva in una boccetta di vetro oscurato sino a due anni se mantenuto in luogo fresco, asciutto e lontani da fonti di calore. Utilizzare sempre oli robusti per mantenere alto il tempo di ossidazione, eventualmente utilizzare dei conservanti naturali quali il tocoferolo (vitamina e) reperibile anche in farmacia, da inserire a preparato ultimato nella quantità del 1% del prodotto finito. Anche l’uso di oli essenziali con proprietà battericida si rivelano un espediente per mantenere a lungo l’olio aromatizzato, bastano circa 3/5 gocce per 100 ml. Se l’olio cambia odore e colore è da considerarsi irrancidito e quindi non più idoneo all’utilizzo.